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Soffiano, nessuno spazio per i giovani. Non incolpiamo una generazione intera per l’arroganza di pochi

La pandemia ha distrutto la comunicazione tra generazioni e implementato le logiche Nimby, anche perché ha sconquassato l'associazionismo. La politica intervenga ora o mai più.

Ha fatto discutere la questione del giardinetto di via Coppo di Marcovaldo, ieri mattina. Ha fatto discutere tanto e male. Male perché c’è stata discussione sì, ma senza confronto. Il colpo di mano da parte di chi ha organizzato l’incontro, lo ha trasformato un plebiscito degli anziani contro i giovani. Quella che oggi di fatto è stata un’assemblea popolare, in realtà doveva essere un semplice sopralluogo del parco da parte dell’Amministrazione, tra cui il presidente di Quartiere Mirko Dormentoni, la Polizia municipale e gli operatori di strada, che poi si sono ritrovati giocoforza in un forum improvvisato: infatti sono stati fatti dei volantini e in un tam tam tra social e passaparola quello che doveva essere un primo piccolo incontro di accertamento, era presenziato da una sessantina di persone.

Un forum dove però era preclusa di la parola ai giovani, perché organizzato alle 11 del mattino, pieno orario scolastico, universitario e lavorativo. E un’azione partecipata, una piazza democratica, va da sé che necessita della partecipazione di tutte le componenti sociali, soprattutto quelle chiamate in causa. Tanto più che manca alla base ogni principio di partecipazione, se ci aggiungi anche che tutta l’assise è confusionaria, disorganizzata per forza di cose, non si sente niente, le urla si sovrappongono, ognuno vuol dire la sua e nessuno modera, e come al solito non manca chi accanto a ogni frase fa commenti e battutine, non facendoti sentire niente; immancabili quelli che sono lì per scambiarsi convenevoli e  saluti col vicinato, facendo capannelli che parlano ognuno del proprio argomento. Risultato un gran brusio, dove si coglie solo qualche frase.

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Schiamazzi notturni, scritte apparse sulle panchine ed episodi di arroganza da parte di un gruppo di bulletti, una decina di adolescenti o giù di lì, ha scatenato l’odio indiscriminato verso i giovani tout court. Mettici poi il rinforzo alla percezione distorta di una generazione delle logiche clickbait di certa stampa, che per  impennare le visualizzazioni di pagina fa passare gli adolescenti oggi degni dei Peaky Blinders dell’Inghilterra di fine ‘800 e gli algoritmi autoconfermanti del web e il frittatone è fatto. Tuttavia chi ha ancora memoria del quartiere degli anni ’80, sa che queste compagnie d’oggi sono zucchero rispetto ai soggetti di quarant’anni fa.

Certo il problema c’è e non va negato, ma neppure  ingigantito. Questi ragazzetti, trascinati in un vortice di tempeste ormonali e maleducazione, vanno individuati e puniti, educati finché si è in tempo. Vuoi la voglia di farsi vedere spavaldi dagli altri, vuoi le sfide sui social tipo Tik Tok dove fai di tutto per un po’ di visualizzazioni in più e avere il tuo momento di celebrità, fatto sta che gli adolescenti oggi più di ieri sono portati a fare delle stupidate:

«Fanno finta di buttarsi in mezzo alla strada per fare inchiodare le macchine e poi ridono – racconta sgomenta una signora – Ma se l’automobilista esce di macchina per redarguirli, addirittura offendono e lo circondano in dieci».

«Da noi hanno spezzato i pali di cemento della recinzione condominiale, perché abbiamo le panchine nel giardino – racconta un altro anziano – Quando ho fatto presente loro dalla finestra cosa stavano facendo, hanno alzato il dito medio e hanno detto: “Scendi e ti si fa il mazzo”».

Oltre agli episodi più gravi, delinquenziali, ci sono poi anche quelli di semplice inciviltà, meno pericolosi ma certo fastidiosi:

«In via Gerini si siedono a bisbocciare e mangiare sotto i portoni e lasciano un ammasso di rifiuti tra incarti di gelati e patatine, lattine e altro sudiciume che dobbiamo pulire noi condomini», riferisce un abitante della strada.

«Ai giardini giocano a pallone in maniera violenta, con pallonate che rovinano gli arredi e sono pericolosi per chi passa», dice un’anziana.

«Le panchine sono state lordate di scritte durante la notte», indica un altro signore.

Un problema che non è solo di questo giardino, ma colpisce a spaglio varie zone del quartiere. Tanto che c’è chi sostiene che sia una compagnia itinerante che venga da altre zone; chi addirittura dà una matrice da lotta di classe, che siano i ragazzi dei rioni più popolari che vengano a farla da padrona qui; mentre al contrario c’è chi è fermamente convinto che siano i più insospettabili, gli angioletti delle famiglie di questa zona mediamente borghese. Ciò che è certo è che non sono tutti i giovani, ma un gruppetto, quello degli sbandati, che c’è sempre stato. Solo che prima sapevi chi erano, ora nessuno parla, non conosci neanche il tuo vicino e i genitori spesso sono all’oscuro. E così il tribunale popolare gerontocratico tira le somme, liquida la situazione incolpando i giovani d’oggi, chiedendo chiusure notturne, recinzioni e cancellate.

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Si avvicina casualmente Gloria, 23 anni, studentessa universitaria, unica giovane presente a quella riunione improvvisata: «Sì… ma noi dove andiamo la sera? Non possiamo neanche stare su una panchina per una sigaretta? Quali alternative ci sono per i giovani? E lo dico soprattutto per chi è ancora più giovane di me».

Si drizzano migliaia di capelli bianchi, decine di cateratte si fanno di fuoco, le dentiere digrignano. C’è da aspettarsi la crocifissione alla fermata del 6.  Il tribunale dei saggi ha decretato: «I giovani per bene stanno a casa la sera!»

Il giornalista è lì che fa cadere la penna e stacca gli occhi dal blocchetto, perché se è vero che non scrivo mai in prima persona qui mi è ribollito il sangue del cittadino di quartiere. E no, non chiedetemi l’imparzialità, il taglio da cronaca fredda, non oggi.  «E perché voi stavate a casa la sera alla sua età?»

Le risposte si fanno le più disparate. Chi si ammutolisce, chi dice un generico «a quei tempi era diverso», chi «ma qui erano tutti campi mica si dava noia a nessuno» (e la devono pagare i giovani l’urbanizzazione fatta da loro?) fino a che arriva chi tira giù il poker d’assi:

«Io da giovane ero a fare la guerra!»

«Ma quanti anni ha?»

«78!»

«2022-78=1944. L’anno della Liberazione di Firenze… ha combattuto in fasce?»

Quello che si è percepiva, denso, colloso, nell’aria, non era la voglia di impegnarsi in un percorso per risolvere la situazione, per controllare e far rivivere il rione, no. Era quella di trovare il capro espiatorio e una soluzione facile: chiudere tutto. Come levare le macchine perché ci sono i pirati della strada, togliere i cassonetti perché c’è chi appoggia la spazzatura fuori. Togliere un bene comune a tutti, penalizzando tutta la comunità. Un danno ancora maggiore di quello che si va a risolvere; che poi manco lo risolvi, lo sposti solamente, ma l’importante diventa che sia not in my back yard.

Per colpa di pochi non può rimetterci una generazione intera, già pesantemente mutilata degli anni più belli da una pandemia che ha segnato come una guerra, se non di più.

«Credo che in una Firenze in cui il centro storico è sempre più lasciato in mano ai turisti – spiega la studentessa – sia importante che l’unità territoriale periferica, quella più piccola, più vicina al cittadino, preveda degli spazi che siano adatti, adeguati, pensati e vivibili dai cittadini di Firenze e in particolare dai giovani, che sempre di più si ritrovano accusati di essere gli artefici del degrado fiorentino, quando in realtà tutto quello che vogliono è uno spazio di aggregazione in cui potersi ritrovare con i propri pari». E questo è vero, specifica Gloria, ancora di più per gli adolescenti, per quei ragazzi più giovani che ancora non hanno possibilità e autonomia di muoversi, rimanendo confinati nella Soffiano a portata di piedi: «Ci sono pochi bar e non con prezzi adeguati al portafoglio di un adolescente. Non ci sono biblioteche o aule studio. Non ci sono luoghi di ritrovo e di divertimento. Chiudendo quei parchetti in zona, si chiuderebbero gli unici spazi che i giovani possono vivere per ritrovarsi».

Il ritrovo deciso dagli anziani, in maniera da non coinvolgere i giovani e l’affermazione secca al suo intervento che “i giovani per bene la sera stanno a casa“,  però è ciò che amareggia di più la ragazza: «Per quanto l’affermazione non mi abbia stupito, ho sentito un forte senso di impotenza. È chiaro che una persona che pronuncia tale frase non è alla ricerca di un dialogo con una generazione diversa dalla sua. Ha infatti voglia di partecipare a un’assemblea autoreferenziale in cui i suoi simili gli danno ragione. Il punto è che i “giovani per bene” dopo due anni di pandemia in cui non hanno avuto spazio e modo di ritrovarsi hanno bisogno e voglia di incontrarsi con i coetanei e magari fare anche un po’ di festa. La stessa festa che sono sicura che gli anziani in questione hanno fatto al loro tempo. Ma guai a paragonarsi!».

Certo la mancanza di controllo del territorio si sente e il problema non sono solo i giovani: perché del senso di impunità ne approfittano anche adulti e anziani: cani sciolti e spesso di grossa taglia, ma se dici qualcosa sei nemico degli animali; la signora che dà abitualmente da mangiare ai piccioni e «fa un nugolo che nemmeno ci si passa in mezzo», sbotta un frequentatore del parco; chi addirittura se ne infischia dei divieti di sosta e blocca i garage, perché tanto sa che i carri attrezzi non arrivano.

Nessuna promessa da parte del presidente di Quartiere Mirko Dormentoni: «Non faccio nessuna promessa, perché non faccio promesse che non sono sicuro di poter mantenere. L’unico impegno che posso prendere, è che continuerò a cercare soluzioni». Tuttavia il presidente ha riconosciuto che c’è stato un calo di attenzione sui rioni di Soffiano e Monticelli negli ultimi anni: «Faccio anche un mea culpa: certe volte abbiamo trascurato quest’area rispetto ad altre aree del quartiere. Non l’abbiamo mai abbandonata, potrei citare molti interventi fatti qui, ma certo è che dobbiamo porre più attenzione su alcune piccole cose della vita quotidiana. Ragazzi particolarmente euforici, che poi diventano molesti e poi persino pericolosi: non tutti certo, alcuni ragazzi. Un lavoro che sarà potenziato quello degli educatori di strada».

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Poco può il Quartiere invece per quanto riguarda l’ordine pubblico in sé, se non portare la questione ai tavoli di Osservazione e della Legalità, dove siede con le forze dell’ordine (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza), la Polizia municipale e la Prefettura; questione locale che Dormentoni si impegna a portare, sebbene sottolinei come sia «un problema diffuso in tutta Italia, dopo la pandemia, tra i giovani che vivono questi disagi, spesso spinti dai social».

E sì; perché certo è vero che mancano luoghi aggregativi per i giovani, visto che il baricentro del quartiere negli ultimi anni si è spostato paradossalmente in quella che prima era la sua zona più periferica, gran parte delle energie delle politiche giovanili locali si sono spostate nei rioni più popolari: Cavallaccio, Cintoia, Argingrosso, Ponte a Greve dove troviamo il Kantiere, la BiblioteCanova, il Sonoria, la Fattoria dei Ragazzi, la New Staz. Sull’Isolotto Vecchio si sta facendo un gran lavoro per riattrezzare a centro giovani la vecchia biblioteca di viale dei Pini, ora riaperta come punto lettura e come centro culturale ma ben lontana dall’essere quel polo attrattivo che era fino a una dozzina d’anni fa.

Soffiano e Monticelli non hanno niente all’orizzonte, anzi hanno perso nel tempo la bibliotechina di via dell’Olivuzzo e il centro giovani di via Giovanni da Montorsoli, e i due campi da calcio gratuiti di Legnaia alle Muse e in via Dosio, ritrovo d’elezione per almeno tre generazioni, sono ormai abbandonati e usato come  vespasiano per cani.  I rioni si difendono con l’iniziativa privata, per l’influsso positivo del rione della movida e diventato al contempo anche il più radicalchic di Firenze, San Frediano: la sua energia ormai è esondata fuori porta al Pignone e non solo via Pisana fino a piazza Pier Vettori è punteggiata di pub, american bar, bistrò, ma anche Villa Strozzi offre iniziative interessanti per tutte le età e sono cominciati ad aprire locali serali su Soffiano. Solo che si tratta di locali, riservati a un’utenza più grande e soprattutto con una certa disponibilità finanziaria.

Ciò che è ancora più certo è che oltre a luoghi di ritrovo per i giovani, mancano luoghi di confronto tra generazioni. Dove il giovane si può confrontare con l’anziano, con il più giovane e il meno giovane. Ruolo che storicamente, in questo quartiere più degli altri, è stato svolto dai circoli (quelli legati al mondo parrocchiale e della sinistra in primis), che sono usciti sconquassati dalla pandemia e languono d’appeal e delle energie del volontariato. Circoli s’intende, ma anche, più in generale, associazionismo. Associazioni che hanno costruito una coscienza sociale di comunità, hanno supportato il welfare con le proprie energie e hanno foraggiato la politica (di voti certo, ma anche di nuove leve).

Adesso la politica è a un bivio: ignorare quel grido di aiuto di generazioni così diverse e dell’unico agente che le faceva comunicare, incontrare – l’associazionismo in tutte le sue sfumature – e ignorandolo, collassare su se stessa; o rispondere, rimboccarsi le maniche e restituire quanto avuto negli ultimi settant’anni.

Carlo Casini

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One Comment

  1. La risposta a un problema di questo tipo non è mai chiudere e privare di spazi chi quel problema non ha contribuito a crearlo. Certi luoghi non appartengono di diritto solo a determinati cittadini o residenti, anche se innegabilmente (e non senza motivo) frustrati dalla situazione. Questa logica di quartiere o di rione è pericolosissima ed estremamente divisiva e a Firenze ne abbiamo sofferto per decenni. Isolottini contro sanfredianini contro etc…
    L’unica risposta autorevole è tenere aperti quei luoghi e dare al loro interno un’alternativa forte e costante affinché si popolino dei cosiddetti “giovani per bene” (comunque definizione quantomai stereotipata) e affinché i “molesti” perdano tutte le opportunità purtroppo offerte grazie all’abbandono e all’indifferenza generale, alla non volontà di investire impegno e risorse in azioni concrete dal punto di vista della cultura e anche, perché no, del sano (sottolineo sano) divertimento.
    Solo accendendo una luce forte si scovano i “furfanti”, il buio aiuta solo a rendere le strade più pericolose e a cacciare i giovani dai propri luoghi di nascita e/o residenza, abituandoli a pensare che nella città si viva meglio da un’altra parte, che la propria zona sia quella “sfigata”.
    E questo è pericoloso perché una volta che il “tribunale gerontocratico” non sarà più “al potere”, chi ci sarà al loro posto ad amare e prendersi cura di questi luoghi? A chi importerà di un luogo che quando era ragazzo era chiuso ed esclusivo appannaggio di generazioni con cui nulla si aveva più in comune, con cui non c’era più dialogo?
    Non dobbiamo alzare barricate e chiudere cancelli, dobbiamo invece alzare nuove strutture di accoglienza e condivisione (anche con l’aiuto delle Associazioni o di privati con cui si rispecchi una comunione d’intenti), accendere luci, portare un’alternativa autorevole e che generi una forma di autocontrollo.
    Se è verissimo che da un lato ci si debba aspettare una maggiore azione delle forze dell’ordine (sacrosanta), non si può sempre contare solo sull’aspetto punitivo, qualcuno di questi ragazzi “molesti” potrebbe ancora cambiare idea e stile di vita, basta fargli vedere, con fatti e non con le parole, che alla pallonata o al gettarsi in mezzo di strada (oggi, domani chissà) c’è qualcosa di meglio e che la maledetta logica del “branco” funziona solo quando c’è buio intorno e non si può far altro che aggregarsi a ciò che c’è, non avendo alternative.

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