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Aprire Partita Iva: come scegliere il regime fiscale più adatto per la tua attività

Ordinario o agevolato? Conviene davvero il forfettario? Scopriamo tutto quello che c'è da sapere insieme a Finrent

In Italia il regime fiscale può essere ordinario o agevolato. È chiaro che basarsi sempre e soltanto sulla percentuale di tasse da pagare, non è la soluzione migliore. Ogni situazione prevede delle particolarità che andrebbero studiate nei minimi dettagli.

Se è pur vero che il regime agevolato prevede una tassazione – come è facilmente intuibile – più bassa, non è detto necessariamente che sia più conveniente.

Confidiamo che le informazioni presenti in questo articolo possano aiutarti nella scelta del regime fiscale. Come vedrai ogni situazione ha le sue peculiarità: se ad esempio vuoi detrarre il costo della tua auto, ti converrà un regime ordinario, dove potrai scaricare il costo del noleggio della tua macchina facendo riferimento a portali come Finrent, che mettono a disposizione le proprie proposte per le partita iva.

Regime fiscale in Italia: la differenza tra ordinario e agevolato

In Italia il regime fiscale si suddivide in due fasce: quello ordinario e quello semplificato. La differenza tra i due, non sta soltanto nella percentuale delle imposte da versare all’erario, bensì nelle caratteristiche più specifiche, che permetteranno poi la scelta di quello più opportuno.

Per poter stabilire qual è il regime più adatto alla propria attività, occorre calcolare (basarsi su una stima generica) i costi che si sosterranno per lo svolgimento del proprio lavoro, e i probabili incassi derivanti dalla vendita dei prodotti e servizi.

Il regime forfettario (agevolato), prevede una aliquota di tassazione più inferiore rispetto a quella prevista nel regime ordinario. Ma come detto in precedenza, non significa per forza che sia più conveniente. Infatti, se le spese fossero molto più alte rispetto a quelle stimate dal proprio coefficiente di redditività (individuabile tramite codice ATECO), allora converrà scegliere il regime ordinario.

L’obiettivo di ogni impresa, è quello di cercare di ridurre il più possibile l’imponibile, che equivale a pagare meno tasse. Vediamo di seguito, quali sono concretamente le differenze di tassazione applicate in entrambi i regimi (ordinario e forfettario).

Voce Regime forfettario Regime ordinario
Tassazione 5% (per i primi 5 anni di attività), poi si passa al 15% Dal 23% al 43% di IRPEF (soggetta a scaglioni)
Costi scaricabili / Oneri detraibili (noleggio, spese mediche, affitto, etc)
Contributi previdenziali 26,23% 26,23%

 

Ricordiamo che questo è ciò che regolamenta la Legge al momento in cui scriviamo.

Requisiti per accedere al regime forfettario

Il regime forfettario, per quanto possa sembrare sempre conveniente, abbiamo appurato che alla luce del fatto che non prevede detrazioni e/o deducibilità, che non sempre potrebbe esserlo.

Suggeriamo di optare per il regime ordinario nei casi in cui le spese da detrarre e dedurre siano parecchie, e se si prevede di fatturare almeno 100 mila euro all’anno. Fino al 2023, è possibile entrare nel regime agevolato in caso di persone fisiche che esercitano arte, professione o attività di impresa (anche le aziende familiari), ad esclusione delle persone e società di capitali, ovvero associazioni professionali.

Per pagare l’aliquota al 5% è indispensabile non aver mai aperto P.IVA e non superare i cinque anni di attività. Trascorsi 5 anni dall’apertura, si passerà al 15%,

Se invece, prima dei cinque anni o anche dopo, si superasse la soglia massima consentita (nel 2023 pari a 85 mila euro annui di fatturato), scatta il regime ordinario. Attenzione però, perché la conversione da forfettario ad ordinario, non è “immediata”.

Questo significa che se a marzo 2023 si fossero superati gli 85 mila euro, per tutto l’anno fiscale si pagheranno le tasse del forfettario. Quindi le modifiche effettive saranno applicate a partire dal prossimo anno fiscale.

Un altro limite del regime agevolato riguarda i costi sostenuti per il personale. Il compenso massimo da destinare al lavoro accessorio o ai collaboratori, non può superare i 20 mila euro annui.

Tuttavia, scelte soggettive a parte, ci sono delle restrizioni oggettive per alcune categorie di settore, alle quali viene negata l’adesione al regime forfettario, tra cui: l’editoria, le vendite a domicilio, giochi e attività di intrattenimento, tabacchi, vendite di rottami, attività legate alla pesca e all’agricoltura, vendita di documenti per il trasporto pubblico e via dicendo.

L’elenco completo è consultabile nella comunicazione numero 10/E dell’Agenzia delle Entrate.

Ordinario o forfettario? La scelta finale

Alla fine dei conti, possiamo affermare che il regime ordinario è conveniente per quelle attività di impresa che superano i 100 mila euro annui di incasso, e hanno molte spese da poter dedurre o detrarre. Va tenuto in considerazione, anche il pagamento dell’IRPEF che al momento al 2023, è suddiviso in scaglioni da 4 fasce.

La prima fascia, fino a 15 mila euro, si paga il 23%. Da 15.001€ fino a 28.000€, il 25%, da 28.001€ a 50.000€, il 35%, ed oltre i 50.001€ il 43%.

Il regime forfettario – previo ottenimento dei requisiti – conviene in caso di poche spese da sostenere (altrimenti non sarebbero scaricabili), oltre che sulla base delle possibili stime di fatturato annuale da non superare (85 mila euro).

Ecco perché occorre valutare minuziosamente la propria situazione, da confrontare poi con un commercialista.

La nostra attività è possibile anche grazie al sostegno di queste attività di quartiere
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