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Scandicci, cento candeline per nonna Ignazia

Nata in sardegna appena dopo la Grande guerra, da quasi trent'anni sta in Toscana. Ignazia Pes compie un secolo e festeggia all'Rsa Ledanice

È nata il giorno di Ognissanti di un secolo fa, a Silanus, Ignazia Pes, in quel lontano entroterra sardo in un ancor più lontano 1919, di un’Italia appena uscita  e pesantemente ferita dalla Grande guerra. Cent’anni, passati sempre con il sorriso, felice, afferma la figlia Angela Salaris. Un secolo di cui l’ultimo quarto passato a Scandicci, dove ormai la conoscono in tanti.

E domani, Primo novembre 2019, alle 15, spegnerà cento candeline insieme ai familiari e agli amici alla casa di riposo Ledanice di Mosciano. Una Rsa tra le tranquille colline scandiccesi, dove da due anni è accolta, da quando le sue capacità cognitive sono degenerate per il peso degli anni. Però non l’affetto e il sorriso che l’ha sempre contraddistinta. «Da soli non riuscivamo più a gestirla, ma in questa piccola struttura, molto familiare, viene accudita costantemente e in modo esemplare. Il personale è veramente eccezionale». Ma fino a 97 anni era ancora autonoma: usciva, andava a fare la spesa, andava dal medico, si fermava a parlare con gli ormai concittadini scandiccesi che si sono velocemente affezionati a quest’arzilla nonnina. E senza mai un acciacco: «Cento anni vissuti in piena salute, senza bisogno di medicine: ancora oggi prende giusto degli integratori alimentari».

Ma questa sarà solo la prima delle tre feste che aspettano nonna Ignazia: sia il Comune di Silanus, dove non è mai stata dimenticata dai compaesani, sia quello di Scandicci la festeggeranno.

Ignazia è arrivata qui nei primi anni ’90, prima a Sinalunga, in Val di Chiana, poi dopo pochi anni a Scandicci: «Siamo dieci figli, cinque maschi e cinque femmine, ci siamo sparsi per tutta Italia – racconta Angela  – Erano rimasti soli a Silanus, perciò sono venuti a stare in Toscana, dove mio babbo è purtroppo deceduto nel 2001. Così la mamma è rimasta qui con me e mio fratello». A sua volta Ignazia è sorella di dieci fratelli: «Adesso però sono rimaste vive solo due sorelle, una di 96 anni e una di 92, lei è la più anziana delle tre rimaste». Tra i suoi oltre trenta nipoti come nonna e come zia, è anche orgogliosamente zia del fantino Velluto del Palio di Siena, all’anagrafe Dino Pes.

Ignazia non si è mai persa d’animo, neanche con la guerra: «Nei suoi primi anni di vita ha respirato il disastro della Prima guerra mondiale appena finita, poi tutta la seconda quando erano nati i miei fratelli.  Mio babbo, da poco sposato, è dovuto ripartire per l guerra, lasciandola con due bambini appena nati». Per fortuna il marito, Antonio Luigi Salaris, era un pastore, quindi il mangiare non è mai mancato ai figli, neanche negli anni più bui: «Mio babbo era un allevatore, proprietario di terreni. Per l’epoca era una famiglia abbiente, mia mamma non ha mai patito la fame, aveva tutto per mangiare:  avevano le pecore, le olive, il frantoio, il grano, le trebbie… economicamente stava bene, il babbo le ha fatto fare una vita tranquilla».

Mamma e casalinga, con dieci figli il daffare non le mancava di certo; tuttavia, visto che senza far nulla proprio non ci sapeva stare, lavorava da casa, portando avanti una delle più antiche tradizioni sarde: «Faceva le tele, i ricami, i tappeti in casa: ho la mia casa tappezzata di tappeti fatti a mano con il telaio –spiega la figlia – Siamo nati in paese, casa nostra era un terratetto con diecimila metri quadri di terreno intorno, era l’ultima casa del paese dove era rimasta la campagna. Perciò, stavamo in campagna, ma al contempo anche in paese, non eravamo isolati dalla cittadina. Poi mano a mano ci siamo trasferiti tutti, la maggior parte di noi non ha voluto proseguire l’attività di famiglia, scegliendo altri lavori; solo due dei miei fratelli sono rimasti a fare i pastori: uno in Sardegna, l’altro a Sinalunga»

Il segreto di tanta longevità? Alla base c’è sicuramente l’aver affrontato la vita sempre in maniera positiva: «Mia mamma l’ho vista sempre felice, nonostante le avversità, le guerre, nonostante tutto quello che poteva succedere, lei è sempre stata felice».

Il più grande insegnamento che ha dato ai figli? «L’onestà e la pazienza. Mi diceva: “sii sempre te stessa, se ti fanno un torto non importa, reagisci in modo civile, tanto prima o poi coloro che si comportano male si rovinano da soli”».

 

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