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Chiesa di Ponte a Greve, la Curia risponde

Non è possibile edificare il complesso parrocchiale di San Lorenzo a Greve in via Bugiardini perchè non è stato trovato un accordo coi privati, ma i terreni da destinare a verde pubblico che saranno dati al Comune in cambio del Campone saranno il doppio della superficie

A distanza di una settimana dalla lettera, pubblicata in anteprima sul nostro giornale, inviata al Cardinale Betori e all’Amministrazione comunale dai cittadini del Comitato Area verde di San Lorenzo a Greve, contrari  all’edificazione di una chiesa nel giardino pubblico a fianco del centro commerciale, arriva la risposta dell’Arcidiocesi. Il comitato esprimeva preoccupazione per l’impatto che l’edificio avrebbe nel cosiddetto Campone e sulla voce di una ripresa delle trattative e di una permuta di terreni tra Curia e Comune che porterebbe allo spostamento dell’area verde in altri spazi limitrofi, che, per quanto più estesi, sarebbero più lontani dall’abitato di San Lorenzo a Greve: tra questi, uno spazio alle spalle del centro commerciale.  Tornavano perciò a proporre altri luoghi, tra i quali un’ex area industriale in via Bugiardini. La voce si è poi confermata martedì in una delibera d’indirizzo del Comune; Comune che, da parte sua, ha risposto assicurando una riqualificazione delle aree verdi presenti nel rione e la realizzazione di nuove.

Le dimensioni della chiesa attuale sono da anni inadeguate per la comunità – rende noto l’Arcidiocesi in una nota – Nella lettera si spiega che l’esigenza di un nuovo complesso parrocchiale che sia adeguato, per qualità e dimensioni, ai bisogni della comunità residente nella zona di Ponte a Greve è ormai chiara ed evidente da molti anni all’Arcidiocesi ed è stata fatta propria in modo convinto dall’Amministrazione comunale già nel percorso di preparazione del Piano strutturale. La chiesa di San Lorenzo a Ponte a Greve e le sue pertinenze infatti sono del tutto inadeguate e non consentono l’effettivo esercizio della libertà di culto dei cattolici residenti nella zona che è cresciuta a dismisura rispetto ai tempi in cui fu edificata la chiesa attuale.
Negli ultimi quindici anni, sempre con piena collaborazione dell’Arcidiocesi con l’Amministrazione comunale, sono state vagliate varie ipotesi alternative, ma tutti i tentativi esperiti non hanno potuto avere esito positivo. Fra queste quella originaria, a cui anche l’Arcidiocesi aderì, di realizzare il complesso parrocchiale nel contesto del comparto edilizio previsto nell’ex area industriale di via Bugiardini, che non poté concretizzarsi per il mancato accordo tra i privati proprietari delle aree interessate. Risulta così ormai chiaro che l’area individuata dall’Amministrazione comunale già con la variante al Prg del 2013 sia l’unica ipotesi effettivamente percorribile.
Il complesso occuperà meno di un terzo dell’area identificata, che sarà permutata con l’Amministrazione comunale con quasi il doppio di aree verdi sempre nel quartiere.
L’area destinata ad accogliere il nuovo complesso parrocchiale ha un’estensione di 4.874 metri quadri catastali. Per acquisirne la piena ed esclusiva proprietà l’Arcidiocesi di Firenze e la Parrocchia di San Lorenzo a Ponte a Greve permuteranno con l’Amministrazione comunale aree verdi per complessivi 9.569 mq catastali, quindi quasi il doppio. Di questi 3.559 mq insistono nella stessa zona, proprio in prossimità del Viuzzo delle Case Nuove, e i restanti 6.010 mq si trovano comunque nel Quartiere 4.
Peraltro, lo spazio per il nuovo complesso parrocchiale non andrà ad occupare tutta l’area verde attualmente esistente lungo il Viuzzo delle Case Nuove, ma ne occuperà meno di un terzo, lasciando comunque una superficie di oltre 10.000 mq ai quali si aggiungeranno le aree vicine permutate dalla Parrocchia di San Lorenzo a Ponte a Greve.
Infine, in base ai parametri stabiliti dalla Conferenza Episcopale Italiana, il nuovo complesso parrocchiale composto dalla chiesa, dai locali di ministero pastorale e dalla casa canonica, non potrà avere una superficie complessiva maggiore di 2.500 mq (distribuita su più piani) ed è quindi evidente che il suo ingombro sul terreno avrà uno sviluppo inferiore a tale soglia massima.
Il nuovo complesso parrocchiale risponde alla ricerca del bene integrale delle persone, ed è a servizio dell’intera collettività
L’Arcidiocesi avverte con forza la responsabilità e il dovere di rispondere ad un’esigenza emersa con chiarezza dalla popolazione di Ponte a Greve, provvedendo, nel rispetto delle norme e del ruolo delle amministrazioni pubbliche competenti, alla realizzazione di un nuovo complesso parrocchiale nel quale poter svolgere la propria missione nell’annuncio del Vangelo, nel sostegno ai poveri, nella catechesi e nel culto divino, certa di offrire in questo modo il suo migliore e più prezioso contributo al benessere e alla qualità della vita delle persone residenti in quel territorio. Esso, oltre alla doverosa disponibilità di aree verdi, esige anche con forza e con pari dignità la presenza di luoghi che siano a servizio della persona. Un complesso parrocchiale, con le attività che vi si svolgono, è a servizio dell’intera collettività. Si tratta di un luogo che, in forza dell’annuncio del Vangelo di salvezza, diventa luogo di incontro e di inclusione, luogo in cui si costruiscono relazioni buone tra le persone, luogo di formazione per giovani e adulti, in cui si difende la dignità e la libertà della persona umana. In questo modo esso offre un contributo prezioso e insostituibile al reale benessere delle persone che risiedono in un territorio.

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One Comment

  1. Sono nato cattolico e tale vorrei morire, faccio questa premessa per avvertire che cerco di ragionare non con spirito polemico, ma tenendo ben presenti le argomentazioni fornite dall’interlocutore, che rispetto e vorrei poter condividere. Ma non posso. E dico subito perché., cercando di rimanere nei limiti di spazio consentiti. Prima di tutto ritengo che anche per i cristiani sia più urgente, nell’emergenza, occuparsi prima delle condizioni di vita della gente che della cura delle anime. Lo scambio di terreni proposto dalla Curia avrebbe comunque come conseguenza che, rispetto ad oggi, la soluzione proposta comporterebbe un consumo di suolo buono. Questa non è una opinione, ma un fatto. Un fatto, a mio avviso, che andrebbe in ogni caso evitato, perché il consumo di un solo fazzoletto di terra buona dovrebbe essere un “peccato” anche per noi cattolici. Detto questo, osservo con disappunto come la Curia liquidi frettolosamente, con due parole, il progetto “Bugiardini” , che avrebbe evitato il consumo di suolo “buono” ricordando che le trattative in proposito non avrebbero portato a un accordo. Ma senza spiegare perché, senza chiarire quali fossero le opposte posizioni. Si trattava di pretese esagerate di una parte rispetto alle offerte dell’altra? O magari di richieste motivate rispetto a offerte insufficienti? E, nel primo caso, non si sarebbe potuto prendere in considerazione una possibilità di esproprio o il ricorso ad un arbitraggio? Queste domande richiederebbero una risposta prima di rassegnarsi e procedere per la propria strada. Il popolo dei fedeli potrebbe non apprezzare.

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