L’Annunciazione della cappella dell’Assunta di Cintoia: tutto quello che c’è da sapere su questa opera d’arte manierista
Direttamente dalla Cintoia della metà del Settecento, un interessante caso di conservazione di un antico bene culturale locale

Nella zona di Cintoia, oltre alle chiese di San Bartolo e Santa Maria, due edifici religiosi di antichissima origine, tra le odierne vie di San Bartolo e Santa Maria sorse, nel 1752, per ordine e a spese del marchese Francesco Maria di Ippolito Bellincioni Bagnesi (per approfondire la storia di questa nobile famiglia, si rimanda al seguente articolo), la cappella dell’Assunta, la cappella gentilizia della vicina villa Ximenes. Alcuni studiosi hanno attribuito a Niccolò Maria Gaspero Paoletti, all’epoca venticinquenne, il progetto di questo grazioso oratorio.
Paoletti è stato uno degli artisti di spicco del neoclassicismo toscano. Ha prestato servizio sia a Firenze (tra i suoi numerosi progetti ricordiamo quelli relativi al torrino del Museo della Specola e al quartiere della Meridiana di Palazzo Pitti) che in altre città toscane, come Montecatini Terme e Fiesole, dove ha contribuito a decretare l’abbandono dell’opulenza barocca a favore di forme più sobrie che traevano spunto dall’architettura rinascimentale fiorentina, in particolare da quella di Bernardo Buontalenti. E agli stilemi buontalentiani si ispira la cappella di Cintoia, con le sue eleganti lesene, le proporzioni “allungate” del portale d’ingresso ed il bel finestrino rastrellato con frontone curvilineo.

L’interesse della cappella dell’Assunta di Cintoia è attribuibile a due aspetti ben distinti. In primo luogo, sembra che l’edificio in questione sia stato utilizzato come archetipo per le successive architetture progettate da quegli architetti che gravitavano attorno a Pietro Leopoldo nella seconda metà del Settecento.
Il secondo elemento riguarda la “finalità” della costruzione della cappella. L’edificio è stato concepito per conservare al suo interno un affresco di un ignoto pittore manierista raffigurante un’Annunciazione, proveniente da un antico tabernacolo della zona, dagli agenti atmosferici, che hanno causato danni significativi al dipinto in questione.
L’opera presenta numerose lacune, soprattutto nella sua parte inferiore; ma nonostante ciò, la figura della Vergine conserva ancora un senso “regalità” anche nei gesti. Nella parte superiore del dipinto, l’anonimo pittore ha ritratto una parte del Paradiso che guarda con ansia la scena.
Invece di procedere con la costruzione di una tettoia o di una cappella attorno al suddetto tabernacolo, il committente avrebbe richiesto a Paoletti (salvo eventuali riferimenti alternativi) di rimuovere l’affresco dalla parete del tabernacolo e di trasferirlo in una nuova collocazione. All’epoca, in Toscana, si cercava di evitare lo stacco degli affreschi, se non in casi “eccezionali”. Per conseguire tale risultato, si prediligeva la tecnica dello stacco a massello, un metodo molto antico che consisteva nel tagliare la parte muraria ai lati del dipinto e quella sottostante, spostando non solo l’affresco ma una buona parte del muro sopra il quale era stato realizzato lo stesso affresco.

L’operazione effettuata a Cintoia può essere interpretata come un anticipato esempio di distacco “illuminista”, in cui si evidenziano quelle tecniche di distacco e trasporto degli affreschi che verranno applicate dallo stesso Paoletti nel corso degli anni 1770 e 1780, nel trasporto di una volta dipinta da Matteo Rosselli nella villa del Poggio Imperiale e in quello di un affresco proveniente dal palazzo della Crocetta (odierna sede del Museo archeologico nazionale di Firenze) presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Agli stessi anni risalgono anche le rimozioni degli affreschi di Cennino Cennini, di Ambrogio di Baldese e di Niccolò di Pietro Gerini, rispettivamente, dalla loggia dello Spedale di San Bonifacio e dalla facciata del Bigallo.
Le ipotesi formulate rappresentano un punto di partenza per ulteriori ricerche che si propongono di approfondire l’attività giovanile di Paoletti e il contesto in cui egli operò, al fine di giungere a una possibile attribuzione allo stesso architetto non solo della cappella, ma anche della tecnica di distacco impiegata per conservare l’Annunciazione di Cintoia. È rilevante sottolineare che anche da un contesto “provinciale” come la zona di Cintoia sia emersa un’iniziativa significativa, che potrebbe essere stata guidata sia da motivazioni religiose che, verosimilmente, più “laiche”, ossia orientate a preservare il patrimonio artistico di Firenze e della sua area circostante per le generazioni future.
Una cosa è certa: dalle polveri del passato è emerso un altro tassello del grande mosaico della Nostra Plurimillenaria Storia.
Leonardo Colicigno Tarquini, storico dell’arte medievale
Bibliografia consultata
G. TROTTA, Legnaia, Cintoia e Soffiano. Tre aspetti dell’antico ‘suburbio occidentale’ fiorentino, Firenze, Comune di Firenze, Circoscrizione Quattro – Messaggerie Toscane, 1989.
Firenze. Il Quartiere di Santo Spirito. Dai gonfaloni ai rioni, a cura di V. Orgera et al., Firenze, Alinea Editrice s.r.l., 2000.
B. GERINI, Vivere Firenze…Il Quartiere 4, Firenze, Aster Italia, 2005.
Stefano Bardini “estrattista”. Affreschi staccati nell’Italia Unita fra antiquariato, collezionismo e musei, a cura di L. Ciancabilla e C. Giometti, Pisa, Edizioni ETS, 2019.