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Scandicci, gli ambulanti scendono in piazza: «Vogliamo lavorare»

Le partite Iva dei mercati allo stremo. Tra loro anche chi quest'anno non ha potuto lavorare e ha perso la casa

Continua la protesta degli ambulanti, dopo la manifestazione organizzata da Assidea che mercoledì ha visto mobilitarsi in corteo oltre 1300 furgoni da Pistoia a Firenze. Stamani la protesta si è tenuta in piazza del mercato a Scandicci, dove moltissimi ambulanti, esasperati dalla chiusura dei mercati che li discrimina da supermercati, negozi ed e-commerce, si sono riuniti per chiedere a gran voce il diritto di tornare a lavorare. Un paradosso che vede gli esercenti che lavorano all’aria aperta impossibilitati a vendere e che stima colpisca quasi 15mila aziende del commercio in Toscana, senza considerare l’indotto.

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«Perché mandate tutti a lavorare al chiuso? Fate il tifo per il virus?»

«Non vi chiediamo di sborsare, ma solo di lasciarci lavorare»

«Tutela la salute della tua famiglia: acquista all’aria aperta. Tutto cambia, il mercato resta!»

«Rossi gialli o arancioni, ci avete rotto i c… vogliamo lavorare!»

«Con la vostra incompetenza ci state portando alla morte»

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«Con Speranza non v’è certezza»

«Ambulanti alla fame, Gdo e online arricchiti… Grazie!»

«Il mercato è il luogo più economico e più sicuro dove fare acquisti»

«Attività al chiuso aperte e mercati all’aperto chiusi… Incompetenti!»

«Mercati all’aperto chiusi e contagi alle stelle!»

Queste alcune delle grida d’aiuto e di giustizia degli ambulanti oggi in piazza Togliatti.

Gianni Masi
Gianni Masi

«Siamo in attesa dell’atto formale promesso dalla Regione dopo l’incontro di mercoledì – spiega Gianni Masi, segretario di Assidea –  Chiediamo di riaprire, certo in sicurezza e rispettando tutti i protocolli. Chiediamo inoltre l’abolizione della Cosap del secondo semestre, che è a discrezione dei vari comuni. Abbiamo chiesto appositamente a Giani un fondo per non mandare in dissesto i comuni per la mancata entrata. Continua perciò la mobilitazione degli ambulanti e continueremo non sarà modificato l’allegato 23, così che si affermi una volta per tutte che possiamo rimanere operativi indipendentemente dal colore della zona. Quella attuale è una discriminazione nei nostri confronti rispetto a quanto concesso agli operatori al chiuso».

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Una chiusura forzata che ha visto gli operatori del comparto extralimentare lavorare poche decine di giorni nel 2021. Con conseguenze disastrose sulle famiglie. Come nel caso di Mauro, ambulante di Fucecchio, che a causa della situazione si è trovato senza casa senza possibilità di lavorare, con moglie e figlio di diciassette anni. Adesso stanno dormendo nel furgone e sono scesi oggi in piazza con i colleghi. Quello stesso furgone con cui Mauro e sua moglie fino a un anno fa giravano i mercati di tutta la Toscana vendendo bigiotteria di qualità e riuscendo a fare non certo una vita da ricchi, cosa che i piccoli commercianti certo non sono, ma almeno dignitosa. Poi la pandemia, le restrizioni, le chiusure e il crollo senza alcuna assistenza.

«Abbiamo ricevuto lo sfratto per cessata locazione –spiega Mauro – Sono bloccati gli sfratti per morosità, ma non quelli per finita locazione. Quest’anno abbiamo potuto lavorare solo quaranta giorni. Non avendo entrate a causa di queste chiusure forzate, non abbiamo garanzie per affittare un’altra casa.  Nessuno oggi ti affitta una casa, se non ha grandi garanzie, preferiscono tenere la casa vuota. Così siamo finiti in mezzo alla strada»

Mauro, ambulante costretto a dormire nel furgone insieme alla famiglia perché rimasto senza casa per le chiusure forzate dei mercati
Mauro, ambulante costretto a dormire nel furgone insieme alla famiglia perché rimasto senza casa per le chiusure forzate dei mercati

«Abbiamo chiesto aiuto al nostro comune di residenza – continua Mauro – Ci hanno dato tre opzioni inaccettabili, per cui è meglio il furgone. La prima, la convivenza in una struttura con dei pluripregiudicati. La seconda, un’altra comunità con la cucina in comune con altre famiglie, ora sotto Covid-19. Con l’obbligo di farci tamponi due volte la settimana. La terza, l’albergo popolare, tutti in luoghi separati, io mia moglie e mio figlio. Ovviamente non ci sono parse soluzioni accettabili per la nostra famiglia. Ci hanno detto che vogliamo la casa gratis. Noi non vogliamo la casa gratis: quelle case popolari le hanno costruite i nostri genitori e i nostri nonni e le abbiamo pagate noi con le nostre tasse! Non siamo razzisti, non lo siamo mai stati, non facciamo differenze di etnie e molti dei nostri colleghi sono stranieri, bravissimi lavoratori. Però constatiamo che ci sono case popolari che sono state assegnate senza bando, e non ce n’è per gli italiani? In un momento come questo, mi devo ritrovare in mezzo a una strada con moglie e figlio? E il mio non è un caso isolato. Tra noi ambulanti sono tanti a essere nella stessa condizione».

 

 

 

 

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